la sfida dei marchi cromatici nell ue

I colori sono il linguaggio silenzioso del branding, capaci di evocare emozioni e ricordi con una sola occhiata e nell'arena del marketing moderno un'identità visiva distintiva può valere quanto, se non più, di un nome o un logo. Ma cosa accade quando un'azienda desidera andare oltre il semplice utilizzo dei colori e cerca di proteggerli legalmente come parte integrante del proprio marchio? Questa ambizione ci conduce nel cuore di una delle questioni più intricate e dibattute del diritto dei marchi nell'Unione Europea: la registrazione dei marchi a combinazione di colori. Un terreno giuridico dove l'arte incontra il commercio e dove la percezione visiva si scontra con i rigidi confini della legge.


Questo tema apparentemente semplice, nasconde una complessità sorprendente che ha tenuto occupati giuristi e tribunali per anni. Come possiamo decidere se una particolare combinazione di colori merita di essere protetta come marchio? Questa domanda trascende la mera valutazione estetica, andando a toccare l'essenza stessa della natura e della funzione di un marchio commerciale.


La normativa europea in materia, pur essendo dettagliata e precisa, presenta sfide interpretative significative quando applicata ai casi concreti. La sua complessità risiede non tanto nella formulazione, quanto nell'applicazione pratica a scenari in rapida evoluzione nel mondo del branding e del marketing. Per esempio, l'Articolo 7(1)(b) del Regolamento sul marchio dell'Unione Europea (EUTMR) ci dice, in sostanza, che non possiamo registrare marchi che non abbiano carattere distintivo.
Sembra semplice, vero?
Ma quando si tratta di colori, le cose si complicano.
Pensate a un singolo colore: rosso, blu, verde... può davvero un colore da solo dirvi qualcosa sull'origine di un prodotto? La Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) ha risposto che, in generale, non può. È come se chiedessimo a qualcuno di riconoscere una persona solo dal colore della sua maglietta. Difficile, vero?

Ma non tutto è perduto per gli amanti dei colori! L'EUIPO (Ufficio dell'Unione Europea per la Proprietà Intellettuale) ci offre una luce in fondo al tunnel: infatti le loro linee guida suggeriscono che le combinazioni di colori potrebbero avere una chance. È come passare dalla maglietta monocolore a un outfit completo: più elementi hai, più facile è riconoscere la "personalità" del marchio.
Tuttavia, anche qui c'è un "ma": se la combinazione di colori è già ampiamente utilizzata nel mercato di riferimento potrebbe essere difficile convincere l'EUIPO che il vostro marchio si distingue dalla folla. È come cercare di farsi notare indossando jeans e maglietta bianca a una festa dove tutti indossano... jeans e maglietta bianca.
La vera sfida, quindi, sta nel dimostrare che la vostra combinazione di colori è così unica, così distintiva, che quando le persone la vedono pensano immediatamente al vostro brand. Non è un compito facile, ma non è nemmeno impossibile.

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nel famoso caso Libertel (C-104/01), ha sottolineato quanto sia raro che i consumatori associno un colore singolo a un brand specifico. Ma ha anche lasciato aperta una porta: se un'azienda usa un colore (o una combinazione di colori) in modo costante e diffuso, potrebbe riuscire a creare quella connessione nella mente dei consumatori.


Il Caso OMV: quando i colori diventano una questione legale

Entriamo ora nel vivo della questione con un caso concreto che ha fatto discutere gli esperti di diritto dei marchi. Protagonista di questa storia è OMV Aktiengesellschaft, un colosso petrolifero austriaco che ha cercato di registrare come marchio una specifica combinazione di colori.

Il 27 gennaio 2021, OMV ha presentato all'EUIPO una richiesta di registrazione per un marchio composto da due colori: gentian blue (RAL 5010) e yellow green (RAL 6018). Non si trattava di una semplice accostamento casuale: i colori erano disposti in un rapporto preciso di 1:7, con una sottile linea verde e una spessa linea blu. Questa combinazione non era un capriccio estetico, ma rappresentava l'identità visiva delle stazioni di servizio OMV in tutta l'Unione Europea.
La risposta dell'EUIPO è stata, per usare un eufemismo, variegata. Da un lato ha accettato la registrazione del marchio per alcune classi di servizi (35, 37, 39, 40, 42, 43 e 44). Dall'altro, ha rifiutato la registrazione per altre classi (1, 4, 35, 37), sostenendo che il marchio mancasse di distintività intrinseca.

 

Ma cosa significa "distintività intrinseca" quando parliamo di colori?
Secondo l'EUIPO, la combinazione di blu e verde proposta da OMV non era abbastanza unica da far pensare immediatamente alle stazioni di servizio OMV. L'ufficio ha argomentato che questi colori sono troppo comuni e evocano concetti generici: il blu richiama il cielo, l'oceano, l'affidabilità, mentre il verde suggerisce ecologia e positività. In pratica, l'EUIPO ha detto a OMV: "La vostra combinazione di colori è bella, ma non abbastanza speciale da meritare una protezione come marchio".
Immaginate la frustrazione di OMV: dopo anni passati a costruire un'identità visiva riconoscibile, si sono sentiti dire che i loro colori erano "non più della somma delle sue parti". È come se vi dicessero che la vostra firma non è abbastanza unica per essere considerata vostra.


Di fronte a questo parere dell’EUIPO, due pesi massimi del mondo dei marchi, MARQUES e l'International Trademark Association (INTA), sono scesi in campo a sostegno dell'azienda austriaca.
Il loro argomento? Le combinazioni di colori non dovrebbero essere trattate allo stesso modo dei colori singoli quando si valuta la loro distintività.

MARQUES e INTA hanno portato sul tavolo una prospettiva interessante: nel settore delle stazioni di servizio l'uso di combinazioni di colori specifiche per distinguersi è una pratica comune. È come se ogni catena di distributori avesse la propria "uniforme" colorata. Hanno anche presentato studi che mostravano come una percentuale significativa di consumatori in Austria, Ungheria, Romania e Slovacchia associasse la combinazione di colori di OMV alle loro stazioni di servizio. In pratica, stavano dicendo: "Guardate, la gente riconosce questi colori! Non è questo il punto di un marchio?"

Un altro argomento interessante sollevato dalle associazioni riguarda l' "arrangiamento sistematico" dei colori: non si tratta solo di quali colori si usano, ma di come li si dispone. È come la differenza tra indossare una camicia a righe e una camicia con un motivo geometrico complesso: entrambe usano gli stessi colori, ma l'effetto è completamente diverso.


Verso un futuro a colori: implicazioni e prospettive

Il caso OMV non è solo una questione di colori su un logo, è un punto di svolta potenziale per il futuro dei marchi non tradizionali nell'Unione Europea. Se il Tribunale Generale dell'UE dovesse accogliere l'appello di OMV, potremmo assistere a una vera e propria rivoluzione nel modo in cui vengono valutati i marchi a combinazione di colori.
Immaginate un mondo in cui le aziende possano proteggere legalmente non solo i loro loghi o nomi, ma anche le specifiche combinazioni di colori che le rappresentano. Sarebbe come dare un valore legale all'atmosfera" visiva di un brand.
MARQUES e INTA sperano che questa decisione possa portare a un quadro normativo più chiaro e basato su fatti concreti, che tenga conto delle reali pratiche di mercato.

Non dimentichiamo poi l'Accordo TRIPS, un trattato internazionale di cui l'UE è parte. Questo accordo prevede esplicitamente la possibilità di registrare combinazioni di colori come marchi, a patto che siano in grado di distinguere i prodotti o servizi di un'azienda da quelli dei concorrenti.

La decisione finale del Tribunale Generale potrebbe rappresentare un vero e proprio spartiacque: se dovesse dare ragione a OMV, potremmo vedere un'ondata di nuove registrazioni di marchi basati su combinazioni di colori. Sarebbe come aprire le porte a una nuova forma di creatività nel branding, dove ogni sfumatura e combinazione potrebbe potenzialmente diventare un asset protetto.
D'altra parte, se il Tribunale dovesse confermare la decisione dell'EUIPO, potrebbe stabilire un precedente che renderebbe molto più difficile per le aziende proteggere le loro identità visive basate sui colori.

 

In conclusione, il caso OMV ci mostra quanto sia complesso il mondo dei marchi nell'era moderna. Non stiamo più parlando solo di loghi o nomi, ma di elementi visivi che permeano ogni aspetto dell'identità di un brand. La sfida per il sistema legale europeo è trovare un equilibrio tra la protezione dell'innovazione nel branding e la necessità di mantenere una sana concorrenza sul mercato.

Data

08/12/2024

Categoria

notizia

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