decadenza del marchio per non uso e uso effettivo

Cosa succede se un marchio registrato non viene utilizzato? Quando scatta la decadenza per non uso? Come dimostrare l’uso effettivo e affrontare la procedura UIBM?
 

Registrare un marchio rappresenta per molti imprenditori un traguardo importante: un modo per proteggere l’identità della propria attività, tutelare un segno distintivo e costruire un brand riconoscibile nel tempo. Non è raro che, al momento del rilascio del certificato ufficiale da parte dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, il titolare provi un senso di compiuta sicurezza: da quel momento, in linea di principio, nessun altro potrà utilizzare quel nome o quel logo per i prodotti o servizi (rientranti nelle classi indicate) per cui è stata ottenuta la registrazione, fatte salve l’eventuale esistenza di diritti anteriori e le eccezioni previste dalla legge.

Eppure ciò che molti ignorano è che la registrazione non è un punto di arrivo definitivo.

Infatti il diritto esclusivo conferito al titolare non è eterno, né incondizionato: per conservarlo nel tempo è necessario che il marchio venga davvero utilizzato in modo serio e continuativo nel contesto del mercato. Se ciò non avviene, la legge prevede la possibilità di una sanzione precisa e radicale: la decadenza del marchio per non uso (o mancato uso) con conseguente perdita del diritto di esclusiva. In altre parole un marchio non utilizzato perde gran parte della sua forza perché diventa facilmente attaccabile.

Una volta decorso il periodo di cinque anni di mancato utilizzo del segno e in assenza di cause che possano salvarne la validità, il marchio può essere cancellato dal registro: nel sistema italiano su istanza di chiunque vi abbia interesse, mentre per i marchi dell’Unione Europea su domanda di qualsiasi persona fisica o giuridica.

 

Un diritto condizionato: perché il marchio deve essere usato

Alla base di questo principio vi è una logica chiara e intuitiva. Il marchio non è un semplice titolo di proprietà, come un immobile o un brevetto inutilizzato, ma è uno strumento di identificazione commerciale e la sua funzione principale è quella di permettere al pubblico di riconoscere l’origine di un prodotto o di un servizio, distinguendolo da quelli concorrenti. Per questo motivo la protezione giuridica di un marchio è giustificata solo se il segno distintivo viene effettivamente utilizzato nel mercato.

In assenza di impiego concreto, il marchio smette di svolgere la sua funzione economica e comunicativa, ma non solo: continua ad occupare uno spazio nel registro pubblico impedendo ad altri operatori economici di accedere a quel segno o a segni simili. Il rischio, in assenza di un meccanismo correttivo, è quello di accumulare nel registro marchi morti, formalmente registrati ma inutilizzati che ostacolano lo sviluppo commerciale di nuovi progetti o la nascita di brand alternativi.

È proprio per questa ragione che la decadenza per mancato uso viene considerata un vero e proprio strumento di pulizia del registro, pensato per impedire che marchi abbandonati o dimenticati possano continuare a bloccare l’iniziativa economica altrui. Sia il legislatore nazionale (articolo 24 del Codice della Proprietà Industriale) sia quello europeo (articolo 58 del Regolamento sul marchio dell’Unione Europea) prevedono un meccanismo chiaro: se entro cinque anni dalla registrazione il marchio non viene utilizzato, oppure se, in qualsiasi momento successivo, il suo uso viene sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, questo può essere dichiarato decaduto.La decadenza non scatta automaticamente: è necessario che un terzo attivi il relativo procedimento davanti all’autorità competente e, fatto ancor più rilevante, per i marchi italiani chiunque abbia un interesse legittimo può attivare questa procedura senza dover dimostrare un danno diretto, mentre per i marchi dell’Unione Europea la domanda di decadenza può essere presentata da qualsiasi persona fisica o giuridica senza che sia richiesto espressamente un interesse qualificato.

I soggetti che presentano questo tipo d’istanze sono spesso concorrenti diretti, nuove imprese che incontrano ostacoli in fase di branding oppure società specializzate nella ricerca e acquisizione di marchi inutilizzati che individuano occasioni commerciali nei cosiddetti “marchi zombie”.

Esiste però una valvola di sicurezza: la decadenza non può essere dichiarata se il mancato uso è giustificato da motivi legittimi. Si tratta di situazioni eccezionali esterne alla volontà del titolare che rendono impossibile o irragionevolmente difficile utilizzare il marchio quali, ad esempio, divieti legali, blocchi all’importazione, contenziosi che impediscono la commercializzazione o eventi straordinari che paralizzano l’attività. Chiaramente questi aspetti devono essere adeguatamente documentati.

 

Che cosa si intende per “uso effettivo” del marchio

Quando si parla di decadenza per mancato utilizzo, il primo passaggio è chiarire quando un marchio può dirsi davvero “in uso”. Non è sufficiente che il segno esista in astratto o compaia, di tanto in tanto, in contesti marginali: l’uso che rileva è quello che mantiene il marchio agganciato alla realtà del mercato e gli consente di svolgere concretamente la propria funzione distintiva.

In questa prospettiva, l’impiego del marchio è giuridicamente significativo quando, nel suo complesso:

  • si inserisce in una normale attività di offerta di prodotti o servizi rivolta a clienti o potenziali clienti;
  • è sufficientemente stabile nel tempo da creare una presenza riconoscibile sul mercato e non si esaurisce in pochi episodi costruiti ad hoc;
  • lascia tracce oggettive (contratti, ordini, fatture, materiali promozionali, dati di vendita) che permettono di ricostruire come il segno sia stato effettivamente utilizzato;
  • riguarda almeno una parte dei prodotti o servizi coperti dalla registrazione così che il collegamento tra marchio, beni/servizi e pubblico sia concretamente percepibile.

Non rientrano normalmente in questa logica gli utilizzi che restano confinati all’interno dell’organizzazione o che non hanno alcuna reale proiezione verso il pubblico: si pensi, ad esempio, a un marchio che compare solo su un listino interno mai comunicato ai clienti, su prototipi o campioni che non arrivano alla fase di vendita o su una pagina web aziendale creata e poi abbandonata senza contenuti, interazioni o campagne strutturate.

Allo stesso modo la semplice presenza del segno all’interno di un evento o di un’iniziativa isolata difficilmente basta se non è accompagnata da un’attività commerciale riconoscibile (presentazione di un’offerta, raccolta di ordini, contatti che sfociano in rapporti contrattuali, e così via).La giurisprudenza europea, in questo quadro, pone l’accento sulla sostanza economica dell’operazione: si parla di uso effettivo quando l’impiego del marchio si inserisce in una normale politica commerciale diretta a mantenere o acquisire clientela. Restano invece al di fuori di questa nozione gli usi meramente “difensivi”, episodici o simbolici, posti in essere solo per conservare formalmente il titolo che non sono idonei a sottrarre il segno al rischio di decadenza.

 

Classi merceologiche e decadenza parziale

Un aspetto spesso trascurato riguarda la distinzione tra le diverse classi di prodotti o servizi per cui un marchio viene registrato.

Chi deposita un marchio può richiedere la protezione su più classi merceologiche, anche molto diverse tra loro. Nondimeno il mancato utilizzo rispetto a determinati prodotti o servizi comporta la decadenza limitata proprio per quei prodotti o servizi che, spesso in concreto, coincidono con intere porzioni di una o più classi.

Facciamo un esempio: se un marchio è registrato per abbigliamento (classe 25), cosmetici (classe 3) e accessori per la casa (classe 21), ma viene utilizzato solo per l’abbigliamento, rischia la decadenza parziale per i prodotti e servizi relativi alle altre due classi. Non è sufficiente utilizzare il marchio per una sola categoria per mantenerlo valido anche per tutte le altre: la protezione si conserva solo per i prodotti e servizi per i quali sia possibile dimostrare un uso effettivo, anche quando appartengono alla stessa classe di Nizza, fermo restando che l’autorità può valutare l’utilizzo con riferimento ad insiemi omogenei di prodotti o servizi e non necessariamente in modo puramente puntuale voce per voce.

Questa regola ha importanti derivazioni pratiche soprattutto per le aziende che depositano marchi su ampio spettro con l’idea di “coprire” categorie che potrebbero essere sviluppate in futuro.In assenza di un utilizzo reale, la registrazione per queste classi può risultare fragile e facilmente attaccabile.

 

Procedura di decadenza del marchio per non uso in Italia

Il venir meno dell’uso non comporta, da solo, la cancellazione automatica del marchio: perché la decadenza sia dichiarata, è necessario che un soggetto interessato attivi un apposito procedimento di accertamento.

Oggi questo accertamento può avvenire su due piani distinti:

  • in sede giudiziale attraverso un’azione proposta davanti al tribunale delle imprese competente, spesso nell’ambito di una più ampia controversia in materia di segni distintivi;
  • in via amministrativa, mediante un procedimento davanti all’UIBM introdotto di recente proprio per offrire uno strumento più snello e, di regola, meno oneroso per le domande di nullità e decadenza.

Le due vie sono alternative ma collegate: quando riguardano lo stesso marchio e si fondano sui medesimi presupposti, il procedimento amministrativo e quello giudiziario possono influenzarsi anche attraverso sospensioni o dichiarazioni di improcedibilità, in modo da evitare decisioni contrastanti.

Chi chiede la decadenza deve indicare le ragioni per cui ritiene che il segno non sia stato utilizzato per il periodo rilevante. Una volta sollevato il dubbio sull’uso, però, non è l’istante a dover dimostrare in modo analitico il “non uso”: per ragioni di vicinanza alla prova è il titolare del marchio che deve mettere a disposizione la documentazione idonea a ricostruire come, dove e quando il segno sia stato effettivamente impiegato.

In concreto la stabilità del diritto di marchio dipende quindi dalla capacità del titolare di produrre elementi convincenti sull’uso svolto nel quinquennio che precede la domanda di decadenza: contratti, documenti contabili, materiali promozionali, riscontri sull’effettiva messa in commercio dei prodotti o sulla prestazione dei servizi.
Il sistema consente anche che un marchio, dopo un periodo di inattività, venga “riattivato” attraverso una ripresa dell’uso anteriore alla proposizione dell’istanza purché si tratti di un impiego reale e non meramente di facciata. Non viene invece valorizzato il ritorno all’uso concentrato negli ultimissimi mesi se risulta che l’iniziativa è stata avviata solo dopo aver avuto notizia dell’intenzione di un terzo di promuovere l’azione. In situazioni del genere l’attività tardiva non è sufficiente a sanare il pregresso periodo di non uso.

 

Una gestione consapevole del portafoglio marchi

Il modo più efficace per ridurre al minimo il rischio di decadenza non è intervenire solo quando nasce un contenzioso, ma organizzare sin dall’inizio una gestione ordinata dei propri segni distintivi. Questo significa prevedere per ogni marchio un fascicolo dedicato e aggiornato nel tempo, in cui far confluire le principali evidenze dell’uso svolto. Le tipologie di documenti utili possono essere raggruppate in:

  • documentazione economico-contrattuale (ordini, conferme d’ordine, fatture, contratti di fornitura o di distribuzione nei quali il marchio sia espressamente richiamato);
  • materiali di comunicazione (brochure, presentazioni commerciali, pagine di catalogo, campagne online con indicazione del periodo di diffusione e dei canali utilizzati, fotografie di prodotti o punti vendita che mostrino chiaramente il segno);
  • riscontri di mercato (report di vendite, dati di accesso a piattaforme e-commerce, attestazioni di partecipazione a fiere o iniziative promozionali collegate a un’attività di offerta reale);
  • dichiarazioni o conferme scritte di clienti, distributori o partner, da utilizzare come integrazione a prove documentali più oggettive.

Quando il marchio è utilizzato da licenziatari o da soggetti collegati, è opportuno che i relativi contratti prevedano espressamente l’obbligo di impiegare il segno in modo coerente con gli interessi del titolare e di conservare (e, se richiesto, mettere a disposizione) la documentazione relativa a tale uso. In questo modo l’attività dei licenziatari può essere valorizzata anche sul piano probatorio a sostegno della validità della registrazione.

Accanto alla raccolta delle prove è utile programmare una verifica periodica del portafoglio marchi per capire se esiste uno scollamento tra ciò che risulta registrato e ciò che è effettivamente in uso. Dove emergono registrazioni che, da tempo, non trovano più riscontro nel mercato, può essere preferibile valutare una razionalizzazione, ad esempio tramite cessione, licenza mirata o scelta consapevole di non rinnovare, piuttosto che mantenere titoli potenzialmente fragili.

Infine un monitoraggio regolare delle nuove domande di marchio presentate da terzi consente di cogliere in anticipo eventuali segnali di conflitto: vedere comparire segni simili può indicare che il proprio marchio è percepito come poco attivo o poco presidiato e offre l’occasione per intervenire sia sul piano strategico, sia sul piano legale.

Data

26/11/2025

Categoria

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