brevetti e creativita artificiale il caso emblematico di dabus

La recente sentenza della Corte Suprema britannica sul sistema d’intelligenza artificiale DABUS ha confermato che attualmente, nel Regno Unito, un'IA (Intelligenza Artificiale) non può essere considerata l'inventore di un brevetto. Tuttavia, il caso ha acceso il dibattito sul ruolo dell'IA nell'innovazione tecnologica e sulle implicazioni legali che questo pone.

La vicenda trae origine da due domande di brevetto presentate dal Dr. Stephen Thaler relative a invenzioni generate autonomamente da DABUS (Device for the Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience), un sistema di IA da lui sviluppato che impiega reti neurali per creare e valutare nuove idee. Tali invenzioni sono riferite ad un contenitore per alimenti costruito utilizzando la geometria frattale e un faro lampeggiante per attirare l’attenzione in caso di emergenza.

Nel 2019 l'ufficio britannico per i brevetti aveva rigettato le domande poiché la legge sui brevetti in vigore richiede di identificare un inventore umano.
Thaler aveva presentato appello sostenendo che, in quanto proprietario e creatore del sistema, avrebbe dovuto essere lui ad ottenere i brevetti sulle invenzioni prodotte autonomamente dall'IA. Tuttavia, i giudici di varie corti nel Regno Unito si erano espressi stabilendo che la legge vigente ammette solo inventori umani, respingendo quindi il ricorso.
Al termine del 2023, la Corte Suprema britannica ha confermato tali decisioni chiarendo in modo definitivo che, allo stato attuale, un'intelligenza artificiale non può essere considerata l'inventore di un brevetto nel Paese. La Corte ha quindi respinto gli argomenti del Dr. Thaler basati sulla “doctrine of accession”, ritenendo che l'invenzione, pur prodotta da un sistema di IA, non possa essere considerata proprietà tangibile trasferibile al proprietario del sistema che l'ha generata. La doctrine of accession stabilisce che, quando una persona apporta modifiche o miglioramenti a un oggetto utilizzando materiali che appartengono ad un altro, l'oggetto migliorato può diventare proprietà di chi ha effettuato il lavoro, a seconda delle circostanze specifiche.

Il professore Ryan Abbott, rappresentante legale del Dr. Thaler, ha criticato l'approccio rigorosamente testuale della Corte Suprema, ritenendo necessario un intervento legislativo per permettere la brevettabilità delle invenzioni IA e fare del Regno Unito una giurisdizione favorevole allo sviluppo dell'IA nella ricerca e sviluppo.
La Corte Suprema ha poi risposto evidenziando che non è deputata a dettare nuove politiche ma ad applicare le leggi esistenti, di conseguenza la consultazione pubblica condotta dall'Ufficio Brevetti britannico ha portato a mantenere invariato il quadro normativo, ritenendo prematuro apportare modifiche unilaterali alla legislazione nazionale.

Il Regno Unito è stato l’ultimo Paese ad esprimersi sul caso DABUS, mentre altre nazioni avevano espresso pareri definitivi negli anni precedenti.
In particolare le decisioni degli Uffici competenti sono state le seguenti:

  • Australia:
    la domanda di brevetto di Thaler è stata respinta da IP Australia nel 2020 poiché un'intelligenza artificiale non può essere considerata inventore. Tuttavia, la decisione è stata inizialmente annullata dalla Corte Federale nel 2021 prima che la Full Court della stessa Corte stabilisse definitivamente nel 2022 che solo una persona fisica può essere inventore ai fini della legge sui brevetti.
     
  • Ufficio Brevetti Europeo (EPO):
    le domande di brevetto di Thaler sono state respinte nel 2020 poiché l'EPO richiede che l'inventore sia una persona fisica. Tale posizione è stata confermata dal Consiglio d'Appello dell'EPO nel 2021.
     
  • Stati Uniti:
    l'USPTO (United States Patent and Trademark Office) ha respinto le domande di brevetto di Thaler, affermando che solo le persone fisiche possono essere nominate come inventori. La contestazione legale di Thaler sotto l'Administrative Procedure Act non ha portato a un cambiamento nella decisione.
     
  • Nuova Zelanda:
    l'IPONZ (Intellectual Property Office of New Zealand) ha deciso nel 2022 che la domanda di brevetto di Thaler era nulla poiché non era stato identificato un inventore, sostenendo che questo deve essere una persona fisica.
     
  • Sudafrica:
    in contrasto con le altre giurisdizioni, il CIPC del Sudafrica (Companies and Intellectual Property Commission) ha accettato nel 2021 una domanda di brevetto PCT di Thaler per invenzioni generate da DABUS, diventando il primo caso in cui un brevetto per un'invenzione AI è stato concesso.

In sintesi, la maggior parte delle giurisdizioni richiede che l'inventore sia una persona fisica, respingendo le domande di brevetto che indicano un sistema AI come inventore. Il Sudafrica si distingue come eccezione, avendo accettato un brevetto per un'invenzione AI.


La sentenza del Regno Unito si unisce a quelle della maggior parte degli altri Paesi facendo dunque chiarezza su un tema controverso, ma allo stesso tempo solleva interessanti questioni su come il mondo del diritto industriale dovrà adattarsi al crescente impatto dell'IA sull'innovazione tecnologica.
Molti esperti ritengono che, con i progressi nello sviluppo di sistemi di IA sempre più sofisticati e autonomi, in futuro potrebbero essere create invenzioni brevettabili interamente generate dall'intelligenza artificiale, senza un diretto contributo umano.
In tal caso, limitare la titolarità dei brevetti a sole persone fisiche potrebbe non essere più giustificabile. Le leggi dovranno probabilmente evolversi per riconoscere il ruolo e il lavoro autonomamente "intelligente" svolto dalle macchine nell'ideazione di nuove tecnologie.
I sostenitori di questa posizione evidenziano come il concetto tradizionale di "inventore umano" si basi su una legge risalente al 1977, quando l'impatto dell'IA sull'innovazione era impensabile. Le norme dovrebbero essere aggiornate per stare al passo con le nuove realtà tecnologiche. Tuttavia, la posizione adottata dalla Corte Suprema del Regno Unito sembra consolidare il principio che le invenzioni create interamente da IA, senza un inventore umano, attualmente non sono brevettabili.

D'altro canto, i detrattori ribattono che le attuali IA, per quanto avanzate, eseguono pur sempre compiti limitati basandosi su dati e istruzioni forniti da esseri umani. Mancano della creatività e comprensione contestuale propria della mente umana necessarie per una vera invenzione. Secondo questa visione, quindi, il ruolo degli umani nel guidare e supervisionare il lavoro dell'IA resta indispensabile e non sarebbe giustificato attribuire a una macchina uno status giuridico paragonabile a quello di un inventore umano.

La questione solleva inoltre implicazioni filosofiche e morali complesse: se nel prossimo futuro l'IA potesse davvero sostituirsi all'uomo nel generare autonomamente innovazioni rivoluzionarie, come cambierebbe la nostra concezione della creatività e del genio umano? Quale valore attribuiremmo alle capacità umane rispetto all'intelligenza artificiale? Come distribuire i meriti e i benefici economici derivanti dalle invenzioni?

Per concludere, è importante sottolineare che c’è un grande dibattito in corso che va oltre la portata della decisione specifica della Corte Suprema, ma il caso Thaler rimane rilevante nell'ambito più ampio del diritto della proprietà industriale e del suo adattamento alle tecnologie emergenti.

Forse in futuro gli orientamenti della giurisprudenza e della politica evolveranno e i legislatori saranno chiamati a trovare un punto di equilibrio fra la necessità di tutelare adeguatamente la proprietà industriale e quella di garantire che il quadro normativo rimanga al passo con i cambiamenti tecnologici.
Il dibattito è destinato a rimanere aperto e ad arricchirsi di nuovi spunti man mano che l'IA dimostrerà capacità sempre più simili a quelle umane.

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